o amici, non ho intenzione di parlarvi di dischi volanti, ma spiegarvi, come l’ho spiegato a me stessa che non ne conoscevo il significato del detto ” mangiare a ufo “
In quanto alla storia del Duomo di Milano la racconterò più avanti perchè è davvero interessante.
Quindi torniamo nella Firenze antica del medioevo.
La sigla comparve nella Firenze del ‘200 durante l’edificazione dell’Opera del Duomo, dove il materiale utilizzato venne marcato con le lettere “A.U.F.O.”, in questo caso acronimo di Ad usum Florentinae Operae, ovvero “ad uso dell’Opera Fiorentina” e dunque esente da tasse. Pare che lo stesso acronimo venne utilizzato anche a Roma sui materiali destinati alla costruzione di San Pietro e persino per il Duomo di Milano i cui blocchi, che provenivano dalla Val d’Ossola via fiume, recavano la scritta A.U.F. (ad usum fabricae).
Invece per il duomo di Milano la leggenda racconta che nel 1402 prima dell’inizio della costruzione del Duomo, in una fredda notte d’inverno, Gian Galeazzo Visconti, fece un sogno dal quale si svegliò di soprassalto, sentendo nell’aria un intenso odore di zolfo. Davanti a lui era comparso Lucifero in persona, che lo minacciava di portarsi la sua anima all’inferno, se non avesse ascoltato le sue richieste.
Per scongiurare l’eterna dannazione della sua anima, avrebbe dovuto costruire un tempio in suo onore, pieno di immagini di mostri spaventosi e di creature orribili, pena le fiamme dell’inferno. Gian Galeazzo, ovviamente sconvolto, si gettò a capofitto nell’immane opera, che però non fece a tempo a vedere completata, a causa della morte (di peste), che lo colse nel 1402, all’età di nemmeno cinquantuno anni, nel suo castello di Pavia.
Favola a parte, immagini inneggianti a Satana ci sono davvero! Infatti fra le 3400 statue del Duomo, le 135 guglie, i 200 bassorilievi, il diavolo risulta immortalato in ben 96 doccioni, dalla forma demoniaca, per volere di Gian Galeazzo Visconti.
Sono i misteriosi gargoyle, dall’aspetto poco rassicurante, tipici dell’architettura gotica. A completare l’elenco numerico, mancano le 55 vetrate con ben 3600 personaggi diversi!
Anche nel libro di Pinocchio di Carlo Collodi, al capitolo 33 si legge:
— Che vuoi tu che mi faccia d’un somaro zoppo?
Sarebbe un mangiapane a ufo. Portalo dunque in piazza e rivendilo. ―
dove ‘a ufo’ significa appunto ‘a gratis’.
Allora, vi è piaciuto questo viaggio a ufo? Ho ragione a dire che la nostra lingua è bella e ricca di significato? La prossima volta che mangeremo o prenderemo qualcosa a ufo, ci sembrerà ancora più bello, vero?
Compiaciutamente vostra, vitty.
Sapevo di Milano,,, e tu mi hai fatto scoprire che veniva usato anche a Firenze 🙏😘🙏
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Ho piacere di averti dato una nuova informazione!!!! 🙂
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Molto interessante questo post! Non sapevo l’origine di una formula che si usa spesso e volentieri anche a Roma.. infiniti i modi di dire di cui si ignora la provenienza.. mi ricordo del mitico “cosa fatta Capua, per anni rimasi col dubbio sul cosa facessero a Capua di così importante .. ahah
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Franco,sono felice che tu abbia trovato interessante questo post. Anche a me è piaciuto scoprire l’origine della parola a ufo! Il proverbio di cui tu parli non è precisamente così ma : Cosa fatta capo ha ” Il che vuol dire che una volta fatta una cosa,non si torna indietro ma può avere una reazione. Come per ogni azione c’è una reazione. L’origine è molto antico, addirittura ai tempi dei Guelfi e Ghibellini a Firenze . se non ti annoia puoi seguirti le spiegazioni qua :
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Si si lo sapevo.. ma la stortura comune lo ha fatto diventare col tempo capoha e poi Capuà.. da qui il dubbio di molti, me compreso 😉
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Grazie Franco ! Oggi ho imparato qualcosa anch’io!!!
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Bene ho imparato una cosa nuova grazieeeeeeeee
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Ma preeeeeeeeegooooooooooo!!!!! 🙂
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Grazie, davvero interessante. Buonissima giornata
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Mocaiana che piacere averti qua!!!! Buonissima giornata anche a te ❤
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Interessantissimo, non sapevo proprio da cosa derivasse questa locuzione.
I “gargoyle” sono meravigliosi, in tutta l’architettura gotica europea.
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Felice che ti sia piaciuto, davvero!!!!! 🙂
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Interessantissimo! Grazie Vitty 💕
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Grazie Stefania!!!!! ❤ ❤ ❤
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interessante questo viaggio,
io conoscevo la versione meneghina con la stampigliatura AUF sui blocchi di marmo di Candoglia. Ma è possibile che la medesima sigla fosse utilizzata sui materiali destinati ad ogni grande opera, forse per una questione di esenzione dai dazi di trasporto.
quella che non avevo mai sentita è l’altra espressione, “a macca”, forse la usate solo voi toscani?
ml
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Eh, Massimo, mi sono ben preparata. L’espressione è tutta toscana, in quanto il cupolone del duomo è stato costruito prima sia di quello di Roma, sia del duomo di Milano.( o e so’ soddisfazioni eh? ) In quanto ” a macca” non l’avevo mai sentito dire. Forse si è perso nel tempo e ” a ufo” è diventato più popolare 🙂
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Ah, ah . . . ma “a macca” si usa ancora come sinonimo di “a ufo”, per dire “gratis”, oppure per essere usato in un lontanopassato furbescamente per evitare il pagamento di dazi, oppure come “in grande abbondanza”, specialmente con riferimento al mangiare smodatamente.
“A macca” deriva dal latino per contrazione di “magis auctus” (grande abbondanza), probabilmente perché qundo c’è molta quantità di una cosa, questa si ammassa, e per conseguenza in un certo senso . . . “s’ammacca’!
Come vedi, Vitty, non mi intendo solo di ‘primavere a mare’!!!!! Sempre che non abbia detto delle cavolate “a ufo”, all’unico fine di fare sorridere un poco. Di questi tempi un sorriso vale oro!
Comunque, sia l’una che l’altra locuzione io le uso nel senso da te sopra riportato: “sinonimo di gratuità, indicando qualcosa che piacevolmente può essere presa e utilizzata senza pagare”, ed a sazietà.
DOLCEMIO
(All’amica Carla)
C’è chi saluta con “A presto” e chi
con “Ciao, dolcemio”. Proprio così.
Con “dolcemio” chiudi i tuoi messaggi
ed io vado in sollucchero perché
se zucchero non sono nei paraggi
sicuramente sto, ed ecco che,
volendo la mia parte, piano piano,
e con un poco di ingordigia, io
tutte quante le dita della mano
mi lecco ardentemente: ma, per zio,
dov’è il dolce, ehm, di cui si parla?
Che stesse nella situazione
del video a tutti noto? ( 1 ). Per non farla
lunga rifletto sulla tentazione
dell’alligatore, cara Carla,
di farsi l’anatra in un sol boccone!
Forse in un equivoco mi incaglio
. . . ma guarda il video . . . e dimmi che sbaglio.
Se così fosse, amor, diamoci un taglio!
Mangiarmi a ufoooo? . . . E no! . . . Contro mi scaglio.
Volevi invece dirmi? . . . Okkeeeei! . . . Allora,
buonissimo appetito, mia signora!
Sì, sì . . . a macca, a ufo . . . fin da ora!
(Cassandro)
( 1 ) https://gazzettadelsud.it/video-dal-web/dalla-rete/2020/11/30/in-un-sol-boccone-l-alligatore-gigante-divora-l-anatra-6ba53024-8e83-4582-8848-0caac362b876/
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Io invece Cassandro, questo modo di dire ” a macca ” non lo conoscevo proprio. L’ho imparato dal Giusti quando cercavo qualcosa su ” a ufo “. Che quello invece l’ho sempre sentito dire, senza però conoscerne l’etmologia. Quante volte si parla si dicono cose di cui non si sa niente. Ma ora non sarà oiù così, starò molto attenta e quando inconterò un modo di dire usuale, cercherò da dove nasce. D’altronde la nostra è una lingua ricchissima dove non ci sarebbe nessun motivo ( lo dice anche l’Accademia della Crusca ) di ricorrere alle parole straniere, durante i nostri discorsi.
Ti ringrazio tanto per il tuo desiderio di strappare un sorriso di questi tempo. Ne abbiamo un gran bisogno perchè la situazione del Covid diventa sempre più drammatica. Ce la faremo ad uscirne? Mah….solo vivendo lo scopriremo!
Deliziosa e simpatica questa poesia ” Dolcemio” ( all’amica Carla )
Questo non c’entra niente, ma spero che questa tua amica Carla sia più simpatica di una Carla che conosco io e della quale, credi farei a meno di conoscere!!!! 😦
Molto, molto carino questo modo di salutare “Ciao Dolcemio ” in effetti si pensa subito a qualcosa di gradevole da mangiare…ma spero vivamente non voglia dire mangiare come il coccodrillo si mangia l’anatra. ..porella!!! ( se era la Carla che dico io ci puoi giurare che pensava alla colazione del coccodrillo )
Invece questa innamorata pebserà a qualcosa di molto dolce dell’innamorato, forse i baci? Tanti e zuccherini!
Se erano quelli hai ben ragione col dire:
” Volevi invece dirmi? . . . Okkeeeei! . . . Allora,
buonissimo appetito, mia signora!
Sì, sì . . . a macca, a ufo . . . fin da ora!”
E’ una meraviglia sapere che c’è gente che si ama e non si stanca di amarsi!!!!
Ciao carissimo, un abbracccio e…che ne dici se ce ne andiamo a farci una cenetta a ufo?
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